----- Foto di un' Alfetta 2000 CEM... al setaccio ! -----

Fra le innumerevoli versioni prodotte della bella berlina sportiveggiante commercializzate a suo tempo dalla casa automobilistica di Arese, particolare attenzione merita quella definita "Alfetta 2000 CEM", ossia una versione equipaggiata con un propulsore molto particolare, dotato di accensione elettronica a funzionamento "modulare".

L' Alfetta 2000 CEM fu costruita in circa 900 esemplari, ed il suo propulsore era equipaggiato con una particolare centralina elettronica, che in funzione delle richieste di potenza del propulsore, ovviamente a loro volta dipendenti dallle condizioni di marcia e dall' apertura del comando dell' acceleratore, consentiva all' occorrenza l' alimentazione ad una sola parte dei quattro cilindri del motore, tagliando nel contempo l' alimentazione all' altra parte.

Sostanzialmente il propulsore poteva funzionare, a seconda delle condizioni di marcia, con un numero di cilindri variabile, e ciò ovviamente si riperquoteva molto favorevolmente sulla curva dei consumi specifici del propulsore stesso, fermo restando il fatto che, qualora fosse stata richiesta l' erogazione della piena potenza, una semplice pressione esercitata sul pedale dell' acceleratore causava il disinserimento del funzionamento modulare, e l' immediato ripristino del funzionamento normale.

Una flotta di 994 vetture di Alfetta 2000 denominata C.E.M.( controllo elettronico motore ) servi’ all’Alfa Romeo per effettuare della sperimentazione sulla riduzione del consumo dei carburanti.

La strumentazione di base di questa particolare versione era analoga a quella prerogativa della prima serie prodotta dell' Alfetta Quadrifoglio Oro, ad esclusione ovviamente del trip computer, sostituito su questa particolare versione dal quadro di controllo del sistema C.E.M. corredato da interruttori che commutavano il funzionamento del motore da modulare a normale, e viceversa.

Il tutto era corredato dalle relative spie di controllo e del dispositivo di autodiagnosi, mentre la strumentazione era completata dalla spia di alimentazione della relativa centralina, che permetteva la verifica di tutti i componenti vitali del sistema tramite una procedura che si attivava al momento dell’accensione del motore.

Periodicamente poi, l’utilizzatore doveva effettuare, tramite l’apposito tastino presente sul computer, l’autodiagnosi del sistema, che ovviamente permetteva di verificare l’efficenza dei singoli componenti elencati nel quadro di controllo.

Degno di nota il fatto che lo studio di questa tipologia di motore era cominciato nel corso dell' anno 1976 tramite la realizzazione di un progetto del C.N.R. (Centro Nazionale Ricerche), il cui fine ultimo era quello mettere a punto un propulsore caratterizzato da bassi consumi specifici, e da limitate emissioni inquinanti.

Il tutto era basato su un ragionamento elementare, che relazionava le richieste di potenza del propulsore al numero di cilindri funzionanti dello stesso.

In poche parole, quando non era richiesta l' erogazione di un' elevata potenza, per esempio quando la vettura era ferma ad un semaforo, o procedeva con andature lente e costanti, era inutile far funzionare un motore con il 100% dei suoi componenti.

La conseguenza logica di tale ragionamento, era l' applicazione di un dispositivo nel propulsore che in tali frangenti avesse consentito il funzionamento di una sola parte di esso, per esempio tagliando automaticamente il funzionamento di una coppia dei quattro cilindri, ed è superfluo aggiungere, che così facendo, almeno in teoria il risparmio di carburante era assicurato.

Nacque cosi il concetto di modularita’, sicchè partendo dal propulsore a 4 cilindri dell’Alfetta 2000 LI America, gia’ dotata dell’iniezione elettronica, lo staff tecnico ideo’ una nuova semplice soluzione di modularita’ basata esclusivamente su una centralina elettronica integrata avente un microprocessore da 6 Kb di memoria con una mappature motoristiche predefinite.

Attraverso i sensori della temperatura del liquido di raffreddamento e dell’aria in aspirazione, della fasatura, della posizione dell’accelleratore e relativo regime, l’intero sistema rilevava e monitorava tutti i parametri di funzionamento del motore e rinviava i dati alla centralina che gli elaborava in tempo reale per gestire contemporaneamente la regolazione dell’anticipo, la bobina di accensione, i tempi d’apertura degli elettroiniettori e dell’attuatore delle farfalle per avere in ogni condizione un regime costante.

In effetti con l’aiuto dell’ apparato dell' alimentazione elettronica Bosch Motronic, e di un diverso e rivisto rapporto di compressione, portato a 9:1, si rilevo’ una migliore combustione, che originava una riduzione dei consumi quantificabile in circa del 5 / 6 %, rispetto al propulsore montato di serie.

Il sistema elettronico venne tarato, dopo vari test, per ottenere una modularita’ tagliando l’alimentazione a 2 dei 4 cilindri, alternando i centrali oppure gli estremi secondo un programma studiato al banco prova.

l’alternanza si verificava quando l’alimentazione era tagliata, e sintanto che non si raggiungeva il regime di minimo, o allo stato di non modulare da 2 a 4 cilindri.

In ogni caso comunque, il passaggio dalla condizione di alimentazione e conseguente funzionamento da modulare a quella normale avveniva automaticamente, qualora si fosse verificata una richiesta di una maggiore potenza erogata, e comunque qualora il propulsore avesse sorpassato il regime di circa 2800 giri al minuto, che corrispondevano, con il nuovo rapporto della V marcia di riposo, ad una velocità di circa 100 km/h, e a circa 40 gradi di apertura della farfalla dell' iniezione. 

Tale funzionamento veniva mantenuto finche’ il liquido refrigerante non aveva raggiunto la corretta temperatura d’esercizio, e mediante l' applicazione di tali accorgimenti si ottennero al minimo regime risparmi fino al 45% di carburante mentre nella marcia in citta’e a velocita’ costante, svolta con 10 taxi test si ottenne rispettivamente un risparmio compreso tra una percentuale del 12% e del 25%., un risultato questo senza alcun dubbio apprezzabile, che dimostrava la validità e l' efficenza della soluzione tecnica adottata.

Ovviamente, procedendo a bassa velocità, quindi con due soli cilindri attivi, la rumorosita’, la tonalita’ di scarico e le prestazioni erano modeste, e si avvertiva una certa conseguente ruvidita’ di funzionamento del propulsore, ma questo non penalizzava assolutamente le velleita’ e le ambizioni sportive della tradizionale clientela del marchio Alfa Romeo, pochè’ tutta potenza che il propulsore era in grado di erogare funzionando normalmente, era all' occorrenza disponibile in qualsiasi momento pronta a esplodere nella sua tipica e inconfondibile sonorita’; e per raggiungere tale risultato bastava solo affondare decisamente l’accelleratore.

Qui di seguito è raccolta una bella serie di immagini relative ad un esemplare di Alfetta 2000 che utilizzava tale tecnologia, che si presenta perfettamente conservata, ed in ottime condizioni generali.

Slide-Show

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Alfetta 2000 CEM, varie viste