--------- La meccanica dell' Alfa Romeo Alfetta ----------

Le caratteristiche del  motore che equipaggiava l' Alfa Romeo Alfetta

L' Alfetta era equipaggiata con Il classico motore bialbero Alfa Romeo, avente una cubatura di 1779 cm³, che derivava direttamente dal propulsore della 1750, del quale conservava l' architettura generale, benché fosse caratterizzato da un modestissimo incremento di cilindrata rispetto al suo predecessore, e fosse stato modificato nella forma dei collettori di scarico e della coppa dell' olio.

Tale unità era in grado di erogare la rispettabile potenza di ben 122 CV DIN, e inoltre possedeva caratteristiche tecniche di tutto rispetto, in parte non ancora completamente diffuse oggi tra i propulsori moderni, poiché esso era costruito completamente in lega di alluminio.

Una sua peculiarità erano le canne dei cilindri di ghisa riportate e sfilabili, mentre i due alberi a camme in testa erano mossi da una doppia catena silenziosa anteriore che garantiva un'eccellente affidabilità e durata.

I due alberi a camme poi azionavano direttamente le valvole attraverso i bicchierini in bagno d' olio ad essi interposti, il che se da un lato rispondeva pienamente alle esigenze di affidabilità e sportività prerogativa del propulsore, dall' altro rendeva la regolazione del gioco delle stesse un' operazione più complessa e laboriosa, anche se meno frequente.

Le valvole, due per cilindro, erano inclinate di 80°, allo scopo di consentire la formazione di una camera di combustione emisferica ad alto rendimento.

Le valvole di scarico erano raffreddate tramite la  presenza nel loro stelo di sodio, che ne diminuiva la temperatura durante l' uso, passando dallo stato solido a quello liquido, garantendo così una più lunga durata delle stesse.

La testata era raffreddata dal liquido contenuto nel circuito sigillato provvisto di radiatore con la ventola, per la prima volta su di una vettura prodotta dall' Alfa Romeo, mossa da motore elettrico azionato da un interruttore termostatico, anziché direttamente dal motore, come accadeva invece sulla 1750.

L' alimentazione era assicurata da due carburatori orizzontali doppio corpo Weber 40 DCOE/32 riforniti di carburante da una pompa meccanica.

Degno di nota il fatto che per soddisfare le esigenze del mercato d' oltreoceano vennero allestite anche delle vetture provviste di iniezione meccanica Spica.

 

Le paricolarità costruttive dell' Alfa Romeo Alfetta

La novità più eclatante fu però rappresentata dal particolare e inedita sistemazione del cambio a 5 marce al retrotreno, posizionato in blocco con differenziale, e dalla frizione, che era azionata idraulicamente, in ossequio alle direttive dell' ingegner Giuseppe Busso.

Tale architettura era stata adottata allo scopo di restituire un'ottimale distribuzione dei pesi, posta in atto con lo scopo di migliorare la tenuta di strada rispetto ai precedenti modelli,derivati dalla "Giulia".

Inedito inoltre era anche lo schema delle sospensioni posteriori, che adottavano per la prima volta su una vettura stradale prodotta dall' Alfa Romeo un raffinato ponte De Dion, costituito da un traliccio di tubi d' acciaio triangolare con il vertice imperniato anteriormente, che mirava alla riduzione delle masse non sospese, in modo da garantire una maggiore motricità alle ruote posteriori

Sempre allo scopo di raggiungere tale risultato freni a disco posteriori vennero spostati fisicamente dalle ruote alla flangia dei semiassi vicino al differenziale. Sino ad allora su vetture prodotte in serie, tali soluzioni tecniche erano state riservate solamentea modelli di classe elevata, come la Lancia Aurelia degli anni cinquanta della quale l' Alfetta riprese il sofisticato schema tecnico "transaxle".

Le sospensioni anteriori indipendenti seguivano lo schema a bracci trasversali oscillanti e usavano come elementi elastici delle barre di torsione. Il tutto era completato da ammortizzatori idraulici e barre stabilizzatrici sia sull' avantreno che sul retrotreno. I freni erano tutti a disco con comando idraulico a doppio circuito, servofreno a depressione e limitatore di frenata sul retrotreno. Il freno a mano agiva sulle ruote posteriori.

Qui di seguito è visibile un accurato spaccato, raffigurante la disposizione dei gruppi meccanici dell' Alfetta, tratto da una brochure pubblicitaria originale, ovviamente risalente ai primi anni 70.

Cliccando sulla freccia, il disegno sarà visualizzata con dimensioni molto maggiori...

------------ Il giudizio formulato dagli esperti ------------

Il comportamento dinamico dell' Alfa Romeo Alfetta

Dopo il suo esordio sul mercato, l' autovettura venne sottoposta ad accurati test dalle riviste specializzate dell' epoca, che successivamente formularono sulla grintosa autovettura un giudizio sostanzialmente positivo.

In effetti il comportamento su strada dell' Alfetta perpetuava la tradizione di una casa automobilistica che si era sempre contraddistinta per il possedere notevoli doti dinamiche e sportive, ed anche la tenuta di strada fù giudicata eccellente, nonostante fosse comunque stata rilevata la presenza di un certo rollio.

Il comportamento in curva era fondamentalmente neutro anche alle alte velocità, proprio in virtù della perfetta distribuzione dei pesi, ottenuta spostando il cambio, e trasferendo così il peso dello stesso, posteriormente.

Se portata al limite l' Alfa Romeo Alfetta presentava un sensibile sottosterzo iniziale che ne rendeva la guida facile anche a piloti non troppo esperti, e solo esagerando con l' acceleratore, o nelle curve molto strette, dove si sentiva il bisogno di un differenziale autobloccante, il retrotreno poteva riservare qualche spiacevole sorpresa.

Il motore, pur avendo guadagnato 4 CV rispetto alla versione montata sulla 1750 si dimostrò molto grintoso agli alti regimi, e particolarmente elastico ai bassi e medi, permettendo così all' occorrenza di adottare sia una guida sportiva, sia una guida rilassata, che consentiva di privilegiare il comfort di marcia, e di evitare il palesarsi di consumi proibitivi.

 

I risultati delle prove su strada

Durante lo svolgimento delle prove su strada la riuscita berlina sportiveggiante si dimostrò capace di raggiungere i 184 km/h di velocità massima, raggiungendo i 100 km/h in un tempo di soli 9,8 sec, posizionandosi così ai vertici prestazionali delle berline appartenenti alla sua categoria prodotte all' epoca.

Viceversa, e per tutto il corso dell' evoluzione del modello, le caratteristiche del cambio vennero sempre reputate insoddisfacenti da coloro i quali all' epoca testarono la grintosa berlina, poiché esse ben poco si addicevano alla tipologia di vetture alla quale l' auto apparteneva.

Il cambio era infatti caratterizzato da una certa "gommosità" di funzionamento, e da una manovrabilità lenta e imprecisa, specialmente in scalata, maggiormente per le prime due marce.

Il verificarsi di questo stato di cose dipendeva sopratutto dalla presenza e dalla conseguente macchinosità di un eccessivo numero di rinvii di comando (essendo il cambio posizionato posteriormente l' adozione di tali dispositivi era indispensabile...), più che dal disegno e dalla struttura degli organi meccanici che lo componevano, molto simile a quelli prerogativa del lodatissimo cambio che equipaggiava la Giulia, il cui comportamento era stato sempre giudicato pressochè perfetto..

Il posizionamento nella parte posteriore della carrozzeria del cambio stesso poi, favoriva inoltre inevitabilmente l' amplificazione della rumorosità originata dal suo funzionamento, poiché l' abitacolo della vettura fungeva da cassa armonica.

Parimenti, anche la frizione non fù esente da critiche, a causa della scarsa dolcezza che contraddistingueva il suo innesto, e così pure lo furono i giunti elastici in gomma dell' albero di trasmissione, soggetti ad usura precoce e a frequenti rotture, nonostante le numerose modifiche a cui furono sottoposti durante il corso della loro produzione.

L' impianto frenante fu invece giudicato ai tempi come una delle componenti migliori dell' autovettura, poiché disponeva di una notevole potenza, abbinata a una buona modulabilità, ed era insensibile alla fatica, anche se era caratterizzato da una certa durezza di azionamento.

Ciò però non rappresentava un difetto per gli alfisti più appassionati ed intransigenti, perché tale caratteristica permetteva di dosare con precisione la pressione sul pedale, permettendo una perfetta modulazione della frenata.

Molto positivamente fu anche considerato lo sterzo, per la prima volta a cremagliera su di una vettura prodotta dall' Alfa Romeo, che fu giudicato molto preciso, diretto e pronto da coloro i quali testarono l' autovettura all' epoca.

 ESCAPE='HTML'

Altra particolare immagine pubblicitaria dell' Alfetta 1800 prima serie

 

 

 

 ESCAPE='HTML'

Una  vista di un' Alfetta 1800 dell' anno

anno 1973  allestita per le competizioni

 ESCAPE='HTML'

Vista dell' aggressivo frontale di un' Alfetta 1800 seconda serie 

 ESCAPE='HTML'

Un' Alfetta 1800 prima serie mentre affronta con piglio sportivo una curva

 ESCAPE='HTML'

Un Alfa Romeo Alfetta ritratta mentre viene sottoposta ad una verifica dimensionale

 ESCAPE='HTML'

Una bella vista prospettica del muso di un' Alfetta 1800 prima serie